Cristina Pappadà

XAOC

Testo critico di Federica Cerami

"Chaos" di Cristina Pappadà è il racconto, declinato in dodici dittici in bianco e nero, della struggente voglia di segnare con determinazione, il passaggio sulla terra della sua autrice.

Con coraggio, Cristina si è immersa, nell'abisso del suo inconscio, lasciandosi guidare dalla luce, verso ogni tappa del suo autentico e tormentato viaggio.

La composizione di questa contemporanea via crucis, dipana la matassa delle emozioni in una visione verticale che offre allo spettatore un abbraccio tra il paesaggio naturale e una rappresentazione per parti dell'autrice.

Nell'incedere così intenso del ritmo del racconto, lo spettatore non ha il tempo di creare alcuna pausa ma procede, al ritmo di un respiro concitato, sperando di trovare una oasi per poter fermare i suoi pensieri.

Non c'è alcun riparo in queste immagini.

Tutto il visibile è lasciato incustodito sotto la furia degli elementi naturali e l'invisibile, invece, scava con lenta determinazione, un confine tra il tempo della fanciullezza e il difficile approdo all'età adulta.

Questa è la vita che, a dispetto di ogni avversità, cerca di venire fuori per prendersi con forza e dignità il suo posto nel mondo.

Questo è il mondo di Cristina che, oscillando nella ricerca dell'accettazione di sé e la relazione con il suo intenso mondo di chiaroscuri, conduce per mano tutti noi spettatori, all'interno del nostro vortice di emozioni trattenute per paura o per distrazione, costringendoci a demolire le nostre polverose difese verso l'imponderabilità della vita.

Appare forte il legame tra la visione della Pappadà e la fotografia di Antoine d'Agatà, sia nella modalità di rappresentazione del reale che nella relazione di entrambe con il proprio gesto d'artista.

Il gesto di fotografare il corpo per D'Agata implica il passaggio al ruolo di attore.

Trasgredendo i confini che separano il fotografo dal suo soggetto, riesce a diventare l'oggetto delle sue immagini, ovvero l'attore obbligato di una sceneggiatura che egli stesso ha elaborato, con le stesse modalità progettate dalla nostra fotografa.

Il pensiero del teologo Ermes Ronchi sembra abbracciare con pienezza questo racconto fotografico: "Ognuno è cosmo tessuto di caos e bellezza. Vivere è esercitarsi a dominare quegli oceani interiori che ci generano e ci minacciano".


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